Haha, e manca ancora un pairing che non ho messo [sinceramente è il mio preferito >//<].
Comunque hai azzeccato tutto ^^
Allora, ehm, posto il seguito XD
«Leoooon!»
«Cosa succede?»
«Leon, leooon!»
«Ora mi alzo» brontolò Dawn mentre si puntellava con i gomiti sul letto per sollevarsi e vedere cosa voleva Empoleon. Era nella sua ball, ma tanto strepitava, che la sfera si aprì di scatto, facendolo uscire. Dawn si sedette, gambe incrociate, sul bordo del letto e guardò il pinguino che protestava con la sua voce squillante, accompagnandosi con ampi gesti delle pinne.
«Leoooon!»
«Come? Vuoi lottare?» chiese sbadigliando la ragazza.
«Leoooon!» affermò deciso Empoleon. Prese con la pinna destra la borsa dell’allenatrice dalla sedia e gliela lanciò contro. Dawn la evitò per un soffio.
«Beh, di sicuro i tuoi argomenti sono molto convincenti» sbottò alzandosi.
“Proprio oggi che non ho nessuna voglia di uscire” pensò mentre richiamava il pokèmon nella sfera e imboccava il corridoio. Sua madre era uscita a trovare la vicina, ovvero la madre di Damion: non si sarebbe persa una chiacchierata con la sua amica pettegola per nulla al mondo. Probabilmente il padre del ragazzo stava lavorando al laboratorio del Prof. Rowan a Sandgem Town. Tornò a pensare a dove sarebbe potuta andare a combattere e contro chi. Le venne subito in mente il club degli allenatori e chiamò fuori dalla sfera il suo Staraptor. Il pokèmon volteggiò con grazia nella fredda aria invernale e atterrò accanto alla sua addestratrice. La ragazza saltò in groppa al rapace e volarono verso la Survival Area. Dopo più o meno una ventina di minuti di viaggio, giunsero alla loro meta. Dawn saltò giù al volo, richiamando il pokèmon nella sfera ed entrò nel locale. Le luci soffuse rendevano appena visibili i contorni delle persone e dell’arredamento, la musica di sottofondo proveniva da una radiolina appesa in un angolo della stanza, ma il chiacchierio dei pochi clienti copriva il suono, tant’era basso. Al banco c’era il nonno di Buck, intento a lucidare con lo strofinaccio un bicchiere già lucido. Dawn si avviò verso al banco per ordinare qualcosa da bere. Prima di lottare doveva eliminare la sete o non avrebbe dato il meglio di sé. Empoleon, però, non sembrava d’accordo e scalpitante iniziò ad agitarsi nella ball finché non uscì, facendo cascare l’allenatrice a gattoni.
«Oh, ma insomma!» sbraitò Dawn, mentre muoveva minacciosa un pugno rivolta al pokèmon.
«Leoooon!» controbatté lui.
«Avrò il diritto di bere? Aspetta un attimo, pinguino capriccioso e volubile! Non mi sembrava che tu fossi così viziato, sai?»
«Serve una mano?» chiese una voce calda e profonda, alle spalle della ragazza. Dawn sentì un brivido percorrerle la schiena e si voltò repentinamente a controllare se i suoi sospetti fossero fondati. Un ragazzo sui venticinque anni, la stava guardando con i suoi occhi neri come la pece, accennando un sorriso. Delle ciocche di capelli scuri come il mogano cadevano ribelli sul viso, ma questo sembrava non infastidirlo. Indossava un completo blu, molto elegante, con un cappello dello stesso colore, alquanto eccentrico. Sotto la giacca si intravedeva una maglia aderente nera a collo alto, decorata con una collana dorata.
«Ehi, tutto bene?» chiese sempre con quel tono suadente Riley. Sì, ecco come si chiamava. Riley.
Dawn si riscosse dalla trance e arrossì violentemente, mentre annuiva con la testa. Il ragazzo le offrì la mano, per aiutarla ad alzarsi e l’allenatrice, rossa come il cappotto, accettò volentieri. Al contatto con Riley, un altro brivido le percorse la spina dorsale.
«G-grazie» balbettò mentre si alzava. Batté con cura il cappotto e rialzò lo sguardo, un po’ meno imbarazzata. Incrociò di nuovo gli occhi dolci e profondi del ragazzo, che la osservava sorridente. Blush!
«Tutto ok? Sei Dawn, vero?» chiese gentilmente. La ragazza sentì batterle il cuore come le ali di un colibrì e sorrise di ricambio a Riley, felice che si ricordasse il suo nome.
«Sì! Sono Dawn. E tu sei…» decise di fare la sostenuta, anche se sapeva benissimo qual era il suo nome. L’aveva pensato un’infinità di volte in quella frazione di secondo.
«Riley» le rammentò l’allenatore «Ci siamo conosciuti ad Iron Island».
«Oh, giusto» sorrise Dawn «Ci eravamo alleati per sconfiggere il Team Galaxy».
«Ti va di bere qualcosa?» chiese cortese il ragazzo.
«Sì, ho una gran sete» concordò Dawn mentre si avvicinava al banco con l’amico. Empoleon protestò, ma l’allenatrice lo fulminò con lo sguardo e lo fece rientrare nella sfera.
«Non ora!» gli bisbigliò severa.
«Cosa? Hai detto qualcosa?» chiese Riley, guardandola un po’ confuso.
«No, no. Proprio nulla» si affrettò a dissentire la ragazza. Si sedette vicino all’allenatore e ordinò un tè freddo.
«Se sei qui, vuol dire che sei veramente forte» osservò Riley, un luccichio nel suo sguardo.
«Già, ho superato la Lega» rispose Dawn «…E se vuoi dopo ti sfido» disse prevedendo la richiesta. Quello sguardo l’aveva già visto in diverse persone. Ad esempio Damion. Soprattutto Damion. Sempre Damion. Sospirò e le tornò in mente l’ultima volta che l’aveva visto due gironi fa. Decise di non pensarci più e scosse la testa con decisione come per scacciare il pensiero.
«Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci siamo visti?» chiese di punto in bianco Riley, mentre osservava il suo drink come se fosse un qualche misterioso intruglio.
«Penso due anni o giù di lì» rispose l’allenatrice. Aveva più o meno quattordici anni quando l’aveva visto la prima volta. Sì, due anni fa più o meno. Quando l’aveva incontrato non l’aveva considerato più di tanto. Un amico, un compagno. Adesso però…Scosse nuovamente la testa. Ma cosa le succedeva ultimamente?
«Ehi, hai qualcosa che ti preoccupa?» chiese Riley.
«No, niente» mentì Dawn, sorridendo per tranquillizzarlo.
«Ok, se hai qualche problema dimmi pure» si offrì lui «Cercherò di aiutarti». Blush!
Chiacchierarono così per un quarto d’ora venti minuti. Ad ogni sorriso di Riley, Dawn si sentiva scoppiare dalla felicità e si dava subito dopo della sciocca. Alla fine decise di accontentare Empoleon e di farlo lottare. La lotta si dimostrò alquanto ardua: il ragazzo era un tipo tosto e i suoi pokèmon erano ben allenati. Dawn vinse per un soffio, proprio grazie alla cocciutaggine di Empoleon.
«Mi sono proprio divertito» ridacchiò Riley mentre uscivano dal locale e andavano al centro pokèmon.
«Già, devo ammettere che mi hai dato filo da torcere» disse Dawn, mentre accelerava il passo.
Dopo i soliti cinque minuti d’attesa i pokèmon erano in piena forma e ciò da un lato era una seccatura: voleva dire che Empoleon era pronto a lottare di nuovo.
«Aaah» si stiracchiò Dawn, stendendo le braccia al cielo azzurro. Sembrava estate se non fosse stato per la temperatura. Uno stormo di Pidgey, Pidgeotto e qualche Pidgeot sorvolò la Survival Area, oscurando per un attimo il Sole. La ragazza li salutò felicemente, mentre li seguiva con lo sguardo volare lontano, verso il mare. Riley la osservava sorridendo. Improvvisamente un colpo d’aria le portò via il cappello, che l’allenatrice stava sventolando per salutare i pokèmon uccello, e finì tra le mani dell’allenatore.
«Oh, grazie mille, Riley!» lo ringraziò un po’ in imbarazzo Dawn, mentre gli si avvicinava. Riley non glielo ridette subito e la guardò negli occhi. Sembrò vederci chissà cosa, perdersi dentro. Dawn arrossì lievemente. Il ragazzo sorrise di rimando e glielo porse.
«Non c’è problema» disse. Dawn lo riprese velocemente e se lo infilò, calcandoselo per bene in testa. Ripresero a camminare in silenzio. Dopo un po’, Riley si rivolse alla ragazza:
«Cosa fai adesso?»
«Non so, non ho molto da fare a dire il vero…» confessò Dawn.
«Ah, se fosse estate! Passerei le mie giornate al mare o a volare nel cielo!» continuò ricordandosi con piacere l’estate scorsa. Riley non parlò subito. La osservò sorridendo e poi tornò a guardare avanti, rimuginando. Dopo un po’, la fermò prendendola per il polso e facendola sussultare.
«Sì?» chiese Dawn, nascondendo l’imbarazzo per il contatto.
«Conosco un posto dove è estate tutto l’anno» disse Riley con uno sguardo complice.
«Dove? Le Hawaii?» fece ironica Dawn.
«No, più vicino e…segreto» le fece l’occhiolino Riley. La ragazza arrossì.
«E` il luogo dove vado quando ho bisogno di stare da solo a rilassarmi» continuò il ragazzo. La stava ancora tenendo per il polso, probabilmente senza rendersene conto. Dawn, però, se ne era più che accorta e faceva un po’ di fatica a concentrarsi su quel che diceva mentre sentiva la presa forte, ma gentile di Riley premere sulla sua pelle. Al solo pensiero, la ragazza si sentiva scoppiare il cuore. Prima che ciò accadesse davvero, decise di prestare di nuovo attenzione alla conversazione.
«Vuoi vederlo?» la invitò Riley, sorridendo tentatore. Era veramente bello. Il cuore della ragazza sospirò.
«Sei sicuro di volermelo mostrare?» gli chiese Dawn «Dopo non sarà più il tuo luogo segreto».
«Vorrà dire che diventerà il nostro luogo segreto» ridacchiò il ragazzo, strizzandole l’occhio. Il cuore di Dawn si sciolse come la cioccolata al sole. Dopo qualche minuto, si trovava insieme a Riley, sul Gyarados di lui, in mezzo al mare. Quel giorno era piatto, estremamente calmo. Solo ogni tanto, qualche piccola onda rompeva la linea dritta dell’orizzonte, per poi sparire. I raggi lo facevano risplendere e scaldavano la pelle di Dawn, che si era tolta il cappotto e alzata le maniche della maglia sopra ai gomiti per godersi quel piacevole calore. Riley non si curava di guidare il proprio pokèmon, che evidentemente sapeva già la strada per il luogo segreto, e si era seduto vicino alla ragazza, anche lui con le maniche arrotolate sopra i gomiti e la giacca in grembo, col cappello. I suoi capelli neri venivano scompigliati dal vento tiepido e producevano qualche bagliore, illuminati dal sole. Erano davvero molto belli. Dawn sentì l’impulso di allungare la mano per accarezzarglieli e infilarci le dita, ma lo soppresse affondando entrambe le mani sotto al cappotto che teneva piegato in braccio. Empoleon, che era uscito dalla sfera, sfrecciava come un siluro al fianco di Gyarados, ogni tanto saltando fuori dall’acqua e schizzando i due allenatori. Dawn gli gridava dietro di piantarla. Riley, invece, sembrava divertirsi un mondo.
Dopo circa dieci minuti, arrivarono nei pressi di una piccola e sperduta isoletta, probabilmente non segnata sulle mappe. Era ricoperta da una rigogliosa vegetazione e man mano che si avvicinavano, Dawn poté vedere che la costa era frastagliata e apparentemente inagibile. Si stava giusto chiedendo come avrebbero potuto superarla, quando Gyarados, dopo aver aggirato alcuni alti e appuntiti scogli, entrò in un’incantevole baia: la sabbia rilucente sembrava fatta di pietre preziose; dei piccoli e rotondi Spheal si divertivano a rotolare lungo la spiaggia, tra gli adulti Walrein che sonnecchiavano al sole, mentre i Sealeo nuotavano o giocavano tra di loro; sullo sfondo regnava la splendida vegetazione, dalla quale provenivano i versi dei pokèmon selvatici che abitavano l’isola. Dawn era rimasta a contemplare a bocca aperta quel piccolo pezzo di paradiso terrestre e non si era accorta di come Riley la guardava. Non si rese nemmeno conto di essere scesa da Gyarados, che nel frattempo si era allontanato per concedersi una nuotata con Empoleon in mare aperto. Quando, però, Dawn iniziò a sentire il caldo e le goccioline di sudore imperlarle il viso, si riscosse dalla trance e si voltò verso Riley, che aveva prontamente rivolto lo sguardo altrove. Dopo un po’, con nonchalance si girò per guardarla a sua volta e le chiese sorridente come sempre:
«Allora, che ne pensi?»
«I-N-C-R-E-D-I-B-I-L-M-E-N-T-E S-P-LE-N-D-I-D-O» disse Dawn scandendo bene le parole ed esprimendo tutto il suo entusiasmo.
«Non hai caldo?» le chiese Riley. La ragazza improvvisamente parve ricordarsi dell’afa e le sembrò di sudare più di prima. Lui intanto si stava sfilando la maglia nera accollata, rimanendo a torso nudo. Si tolse le scarpe e i calzini neri, per poi lasciare tutto appeso ad una palma sbilenca. Dawn lo imitò: appese frettolosamente il cappotto, si sfilò gli stivali, le calze e la maglia, rimanendo in canottiera e gonna. Appoggiò tutto sul tronco dell’albero, compreso il cappello e corse a raggiungere Riley alla luce del sole, lontano dall’ombra fresca creata dagli alberi. Il ragazzo si era arrotolato i pantaloni sopra alle ginocchia e guardava l’orizzonte del mare. Dawn gli si avvicinò di soppiatto e guardò, sporgendosi da dietro la sua schiena, il mare. Scorse Empoleon e Gyarados che nuotavano in lontananza.
«Anche i pokèmon adorano questo posto» disse Riley, ad un certo punto, continuando a guardare i due pokèmon acquatici divertirsi in lontananza. Dawn gli scoccò un’occhiata e arrossì: senza il cappello che gli metteva il viso in penombra era ancora più bello. Per non parlare del corpo. La pelle chiara era baciata dal sole e la ragazza seguì il profilo della schiena di Riley, dall’alto verso il basso. Non era molto muscoloso, ma neanche troppo magro. Il ragazzo la osservò di sbieco e arrossì lievemente. La trovava molto graziosa, nella sua canottiera rosa chiaro di satin e nella sua classica gonna rosa shocking.
«Bene» esordì Riley, facendo sussultare Dawn, che si affrettò a distogliere lo sguardo dal corpo del ragazzo per concentrarsi su una palma vicina.
«Ho proprio voglia di farmi un bagno» continuò lui, chiedendosi cosa ci fosse di così interessante in un albero «Vieni?». Dawn lo guardò finalmente negli occhi, scordandosi della palma. Avvertì di nuovo il calore dei raggi del sole che le scaldava la pelle e la sabbia bollente che le scattava le piante dei piedi. Inoltre sentì un tepore piacevole pervaderle le guance. Improvvisamente provò una gran voglia di tuffarsi in acqua. Si voltò e, con uno scatto da centometrista, raggiunse le acque limpide e fresche del mare, ridendo e lanciando gridolini gioiosi per gli schizzi freddi che la colpivano. Riley la guardò un attimo sorridendo confuso e si affrettò a raggiungerla in acqua, ridendo e tuffandosi, sparendo sotto la superficie azzurra per poi riemergere qualche metro più avanti. Dawn nuotò dalla parte opposta, ridendo come una matta, mentre Riley la inseguiva ugualmente divertito. La raggiunse con poche bracciate e la afferrò per la caviglia, tirandola verso di sé. La ragazza bevve un po’ d’acqua salata ed iniziò a tossire, cercando di sputarla. Riley tentò di aiutarla sorreggendola, mentre la guardava sghignazzando. Quando Dawn ebbe finito di sputacchiare, lo fulminò con lo sguardo prima di spingerlo sott’acqua per la testa e nuotare velocemente via, ridacchiando e bevendo nuovamente acqua.
Dopo qualche altro minuto di lotta, la stanchezza iniziò a farsi sentire e la ragazza si trascinò a riva, finendo per arenarsi sulla battigia, a pancia all’aria. Riley le andò incontro, prima nuotando e poi camminando. Quando le fu accanto si sedette sospirando rilassato. Si scrollò l’acqua dai capelli e guardò il cielo azzurro tinta unita. Dawn gli lanciò un’occhiata compiaciuta e chiuse gli occhi sorridente, lasciando che il sole l’asciugasse. Riley la guardò di sottecchi, seguendone il profilo del corpo che si intravedeva sotto ai vestiti bagnati. Le goccioline luccicavano sulla sua pelle, illuminati dalla luce solare. I neri capelli bagnati si diramavano nella sabbia, verso l’alto e gli ricordarono delle lunghe alghe. Sfiorò una ciocca umida e sorrise alla vista del volto sereno di Dawn, che aveva ancora gli occhi chiusi. Dopo un po’ di tempo, Riley si rialzò, allontanandosi verso la vegetazione. Prese la sua giacca e la stese per terra, all’ombra della grossa palma. Guardò verso la riva, dove la ragazza dormiva tranquillamente. Si era asciugata ormai, baciata dal sole, ma avrebbe potuto scottarsi. Le tornò affianco e, con delicatezza la sollevò da terra, per poi portarla all’ombra e posarla sulla sua giacca aperta. Si sedette anche lui, appoggiando la schiena alla palma e socchiudendo gli occhi, mentre lasciava vagare lo sguardo: la linea dell’orizzonte era perfettamente dritta; i cuccioli pokèmon si erano finalmente appisolati e gli adulti si stavano spostando goffamente in acqua, probabilmente per andare a caccia. Gyarados era sparito, forse si era immerso. Empoleon, invece, si stava avvicinando a riva. Aveva nuotato abbastanza. Uscì dall’acqua marina e si avvicinò ai due ragazzi, al limitare della vegetazione, dove si sedette a dormire. Erano le ore più calde del pomeriggio e stimolavano le palpebre a chiudersi per concedere agli occhi un po’ di riposo, insieme all’intero corpo.
Dopo una buona mezz’ora anche Riley si addormentò. L’unico rumore era lo sciabordio delle onde che si infrangevano sugli scogli lontani e che si ritiravano gorgogliando. Ogni tanto un Wingull solitario attraversava il cielo, strillando come per chiedere se qualcun altro fosse sveglio. Ad un certo punto si era anche alzata una leggera brezza che accarezzava tutto ciò che si trovava sulla sua strada: faceva frusciare silenziosamente le foglie, aggirava le rocce, sollevava appena qualche granello della sabbia adamantina e scompigliava affettuosamente i capelli dell’allenatrice e del compagno.
Si fecero le cinque quando Dawn si destò, sbadigliando e aprendo lentamente le palpebre stordita dalla sonnolenza. Aveva dormito quasi due ore! Si guardò intorno e scorse quasi subito Riley, ancora addormentato al suo fianco, appoggiato alla palma, con la testa che gli ricadeva su una spalla e la bocca semiaperta. Sull’altro lato, Empoleon stava cercando di aprire una noce di cocco picchiettandola con il becco. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, usò Perforbecco finendo per sbriciolarla del tutto. Sospirò e spinse i miseri resti di lato con l’aiuto di una sua grossa ala. Solo allora Dawn notò la montagnola di briciole che si ergeva accanto al pinguino. Ridacchiò e gli si avvicinò. Salvò la nuova noce di cocco che stava per venir annientata da Empoleon, strappandogliela da sotto il becco e, sorridendo, gli fece vedere come aprirla senza distruggerla. Intanto, Riley si era svegliato a causa del rumore di noci di cocco rotte. Dawn gli si sedette accanto offrendogliene una e lui accettò volentieri, bevendone il dissetante succo biancastro.
«Dormito bene?» chiese Dawn sorridendogli.
«Sì» rispose Riley dopo aver inghiottito il latte di cocco.
«E tu? Mi sembravi piacevolmente addormentata» le chiese di rimando, ridacchiando al pensiero. Dawn tirò fuori la lingua e si unì alla risata del ragazzo.
«Beh, non c’è male» rispose infine.
«Questo posto è strepitoso» continuò guardando la spiaggia, il cielo e il mare «E la tua giacca molto comoda» scherzò, alzandosi e iniziando a ripulirla dalla sabbia. Quando ebbe finito gliela porse. Riley la prese, mettendola sulla palma, senza distogliere lo sguardo da lei. Le si avvicinò impercettibilmente, guardandola negli occhi, sorridendo con i propri. Lo sguardo di Dawn si perse per un attimo in quelle due onici brillanti. Quando si riprese, le cadde l’occhio sulla bocca del ragazzo, distesa in un sorriso rilassato e invitante. Era così bello. Il cuore iniziò di nuovo a batterle veloce come un le ali di un Combee. Si stava avvicinando o lo stava solo sognando nella sua fervida e sfrontata immaginazione? Deglutì impercettibilmente mentre si sforzava di guardarlo negli occhi.
«Ehi» interruppe l’improvviso e imbarazzante silenzio Riley «Tutto bene?». Dawn si dovette sforzare di assumere un’espressione rilassata e un tono di voce normale prima di aprir bocca:
«Certo». Il risultato fu piuttosto soddisfacente.
«Bene» sorrise Riley. Un galante tentatore. Le posò una mano sulla schiena, all’altezza della vita e con l’altra le sfiorò la guancia. Dawn rabbrividì. Poi, senza distogliere lo sguardo dagli occhi della ragazza, Riley si chinò, avvicinandosi pericolosamente alle rosee labbra socchiuse. L’allenatrice si era come incantata. Le palpebre calarono sugli occhi, come il sipario sul palcoscenico. Sentì il soffio caldo del respiro regolare del ragazzo solleticarle le labbra.
E poi, finalmente, accadde: la baciò. Le labbra di lui si appoggiarono a quelle di lei che, come se si fossero arrese, si dischiusero lentamente. Riley continuò a baciarla dolcemente, né troppo piano né troppo veloce. Il cuore di Dawn rallentò i battiti, adeguandosi al “ritmo” del bacio. Era come se una nebbiolina le aleggiasse attorno al cervello, provocandole una sensazione piacevole, rilassante. Dopo poco tempo, sembrò riscuotersi da quello stato di trance e aprì gli occhi, staccandosi bruscamente da Riley, che la guardò confuso. Dawn sentì il cuore riprendere a battere frenetico nel petto e le guance tingersi di un rosso scarlatto, mentre con le dita si sfiorava le labbra calde. Il ragazzo la guardava apparentemente sereno. Dalla sua espressione sembrava soddisfatto, ma non dava l’idea di aver capito il perché della reazione di Dawn, che in quel momento aveva distolto lo sguardo imbarazzata. Come si doveva comportare? Era stato bellissimo, ma quando si era resa conto di quel che stava succedendo non era più stata sicura.
«Scusa» balbettò senza osare guardare il ragazzo negli occhi. Si era comportata da scema.
«Non ti devi scusare» la rassicurò lui «A me è piaciuto molto». Il cuore di Dawn perse qualche colpo. Rialzò velocemente lo sguardo e vide Riley, lo sguardo gentile, il sorriso luminoso e tentatore. Si sentì di nuovo attirata da quelle labbra invitanti, ma decise che saltargli addosso non sarebbe stata un’ottima idea.
«Forse è meglio se ti riaccompagno a casa» disse Riley. La ragazza deglutì e, con grande sforzo, gli diede le spalle per sfilare dalla palma il suo cappotto rosso e la maglia. Mentre calzava gli stivali, si mordicchiò il labbro. Aveva sicuramente deluso Riley con quella sua reazione da ragazzina inesperta ed imbranata. Il ragazzo intanto aveva preso sottobraccio la sua maglia nera e la giacca e si era avvicinato all’acqua. Chiamò Gyarados, che dopo qualche minuto riaffiorò in superficie e si diresse lentamente verso l’allenatore. Dawn lo raggiunse esitante, con Empoleon che le camminava affianco. Cosa avrebbe fatto? Cosa gli avrebbe detto? Avrebbero dovuto stare assieme come minimo per quaranta minuti. Il viaggio verso casa sarebbe stato più lungo rispetto a quello di andata. Con sorpresa della ragazza, però, Riley aveva richiamato nella sfera Gyarados e aveva, invece, liberato un grande Salamance, che spiegò le ali ed eresse il collo assumendo un’aria imperiosa.
«Prima le signorine» la invitò l’allenatore indicando con la mano la groppa al drago. Dawn, titubante, si avvicinò al pokèmon, che la fulminò con un’occhiataccia. Non sembrava molto disposto a farla salire. Riley gli accarezzò il collo, prima di avvicinarsi a Dawn e sollevarla, afferrandola saldamente per i fianchi. La ragazza scivolò sulla larga e robusta schiena di Salamance, arrossendo lievemente per il contatto con l’allenatore. Riley si appoggiò alla spalla dell’enorme drago e con una spinta, in un secondo, si trovò già tra le sue ali, aggrappato al collo.
«Reggiti forte, le sue partenze sono alquanto rapide e potenti» avvisò l’allenatrice, che si avvinghiò imbarazzata al ragazzo. Salamance spiegò le enormi e possenti ali e con un solo, potente e deciso battito, si librò in aria, schizzando in avanti verso il cielo azzurro, che all’orizzonte iniziava a tingersi di rosa. Dawn per poco non fu sbalzata via. Era sicura di aver visto il pokèmon rivolgerle uno sguardo sdegnoso, poco prima di partire.
«Ehi» esordì Riley, quando il volo si stabilizzò «Scusa per il decollo burrascoso».
«Tranquillo, sono ancora su» borbottò Dawn. «Il tuo Salamance non sembra avermi preso molto in simpatia».
«Già» ridacchiò lui «E` gelosa, di solito la cavalco solo io. E poi non avevo mai fatto salire una ragazza, per giunta così carina». Dawn arrossì per l’ennesima volta. Riley la guardò di sottecchi e sorrise divertito vedendo le sue guance tingersi di rosso, come se vi fossero sbocciati due tulipani. I lunghi capelli neri frustavano l’aria, producendo i familiari riflessi bluastri. Gli occhi neri erano velati dalle ciglia. Sentì la presa delicata, ma decisa della ragazza all’altezza della sua vita. Dopo circa venti minuti di viaggio, durante il quale Riley tentò invano di avviare una conversazione con Dawn, arrivarono a Twinleaf Town. Mentre la giovane scendeva cautamente, la Salamance se la scrollò con poca grazia di dosso, facendola cadere sull’allenatore.
«Scusami!» balbettò Dawn, raddrizzandosi e sistemandosi la gonna.
«E di cosa? Non è stato per nulla un problema, anzi» le sorrise Riley, mentre la osservava.
«Posso il tuo cellulare?» le chiese di punto in bianco. Dawn lo guardò per un attimo confusa, ma lo sfilò dalla borsa e glielo porse quasi subito. Vide il ragazzo trafficare coi tasti e restituirglielo dopo un po’. Dawn lesse sul display:
Riley: 4563591952
Chiamami ogni tanto (^__^)/
«Ti ho anche salvato il numero» disse allegro Riley, richiamandola dalla trance. Dawn non sapeva che dire. Continuò a guardare prima il display, poi lui.
«Bene, io ora devo andare» la salutò sorridente. Avrebbe desiderato chinarsi e darle un bacio sulla guancia tinta di un rosso scarlatto, ma si trattenne, temendo di fare un passo falso.
«Ciao!». Quando la ragazza alzò lo sguardo, Salamance si stava sollevando elegantemente da terra, con in groppa Riley che la stava ancora salutando con la mano alzata. Il pokèmon si mosse velocemente, ma con più delicatezza di quando c’era anche Dawn sulla sua schiena, e sparì in lontananza. La ragazza restò come inebetita a fissare il cielo deserto davanti a sé. Quando un vicino le passò accanto, guardandola preoccupato, si disincantò e si avviò un po’ barcollante verso casa. Entrò, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle e si sfilò gli stivali, impiegando diverso tempo nonostante fosse una semplice operazione quotidiana. Dopodiché andò in camera sua, passando come sempre per il soggiorno dove sua mamma stava spazzando, ballando col la scopa sulle note del cantante del momento, Bob Mc Ball. La donna la salutò gorgheggiando e si diresse in cucina a passi di danza. Dawn salì rapida le scale e si chiuse in camera. In piedi, ancora davanti alla porta, lanciò uno sguardo fuori dalla finestra, prima di iniziare a sfilarsi i vestiti. Si avvolse nell’asciugamano bianco e un po’ ruvido, uscì in corridoio e si diresse in bagno, dove l’aspettava una calda doccia ristoratrice.
Decise di dedicarsi un po’ più d’attenzioni del solito. Dopo una quarantina di minuti era bell’e pronta, con indosso il suo pigiama azzurro, i capelli lavati e freschi raccolti in due trecce, le pantofole ai piedi e un pacchetto di cioccolatini sottobraccio. Scese tranquillamente le scale e si lasciò sprofondare nel divano, decisa a rilassarsi, lasciandosi quel pomeriggio denso di emozioni alle spalle. Sua madre arrivò trottando dalla cucina, con in mano un piatto fumante di riso al curry. Le tolse con un abile gesto dalle mani il sacchetto di cioccolatini e lo sostituì con la ciotola di riso e un cucchiaio. Dawn sbuffò contrariata. Aveva voglia di abbuffarsi di schifezze. Ma dopo i primi bocconi, scoprì di stare morendo di fame e si tuffò sul riso. Sua madre la guardò sospirando.
«Erano giorni che mangiavi pochissimo. Iniziavo a preoccuparmi» disse, sedendosi accanto alla figlia e osservandola gustarsi il piatto.
«Hai voglia di dirmi perché?». Dawn si bloccò, con un cucchiaio traboccante di riso e curry a mezz’aria e le guance piene. Deglutì e posò il cucchiaio nella ciotola. Aveva voglia di confidarsi, ma…
«Anche se sono tua madre, posso benissimo ascoltarti e consigliarti come una tua qualsiasi amica» disse la donna, estirpando i dubbi della figlia.
«E forse anche meglio, visto che ho più esperienza» concluse facendole l’occhiolino. Dawn ridacchiò. Sua madre, quando voleva, era una forza.
«Ok» iniziò «Negli ultimi giorni sono successe diverse cose…Che mi hanno…» andò alla ricerca del termine che meglio potesse descrivere il suo stato d’animo «…Confusa». La donna la ascoltava con attenzione, cogliendo ogni sfumatura del tono ed espressione del viso.
«Per cominciare, Damion…Cioè, mi guardava in maniera diversa dal solito. E mi ha addirittura detto che sono carina!» esclamò, arrossendo al solo ricordo.
«Beh, bisogna ammettere che non è da lui» constatò la madre.
«E poi Lucas» continuò Dawn, mentre i ricordi delle giornate precedenti riaffioravano nella sua mente «L’ho sempre considerato un buon amico. Certo, un po’ impacciato e ogni tanto fin troppo appiccicoso. L’ultima volta che siamo usciti, però, ha fatto una cosa non da lui: mi ha salutato con un bacio sulla guancia». La donna le sorrise benevola:
«Ma un bacio sulla guancia è un gesto normale, Dawn».
«Ok, lo so…Però in questa situazione no. Infatti, se dessi un bacio sulla guancia a Lucas non arrossirei come un peperone per poi fuggire a gambe levate!». Ricordò un altro particolare: l’aveva fermata, trattenendole la bici per il manubrio, apposta per darle il bacio. E poi sembrava particolarmente impacciato con lei. Questi indizi la potevano portare solo a una conclusione…
«Ah, capisco» ridacchiò la madre della ragazza, distogliendo quest’ultima dai propri pensieri.
«Senza contare Volkner» ricominciò Dawn «Il capopalestra di Sunyshore City» aggiunse vedendo l’espressione incerta sul volto della madre.
«E` stato particolarmente socievole. E fidati che non lo è per nulla. Oltre ad avermi invitato a passare il pomeriggio con lui, mi ha anche riportato a casa col suo Dragonite».
«Che gentile» sorrise la donna, guardando teneramente la figlia. S’immaginò la scena.
«Già e, se lo conoscessi, capiresti quanto sia stato strano il suo comportamento. Infine…» Dawn deglutì, mentre le sue guance avvampavano.
«…Riley. Un allenatore veramente in gamba che ho incontrato due anni fa, durante il mio viaggio per arrivare alla Lega Pokèmon. Ecco, è con lui che ho passato il pomeriggio fino a circa un’oretta fa…E` stato fantastico, davvero eccezionale. E…Ehm…Sì…Beh…Alla fine mi ha baciato» confessò arrossendo fino alla punta dei capelli. Sua madre le accarezzò una guancia e sentì il forte calore che emanava. Sembrava veramente aver preso fuoco.
«Stellina mia, a quanto pare sei cresciuta» disse guardando amorevolmente il volto della propria bambina e sistemandole i ciuffi ribelli di capelli che le ricadevano sul viso rosso.
«E sei diventata ancora più meravigliosa di prima. Posso immaginare che tu ti senta confusa, del resto ti sei ritrovata improvvisamente in una situazione difficile». Dawn, avvertendo la vicinanza della madre, si rilassò come non le succedeva da giorni.
«Cosa dovrei fare, secondo te? Come mi dovrei comportare?» chiese alla donna, guardandola supplichevole «Non ne ho la più pallida idea».
«Dawn, non devi pensare solo a quello che gli altri potrebbero provare o pensare di te. Devi seguire te stessa, il tuo cuore e i tuoi sentimenti. Non puoi spezzarti in quattro per rendere felici tutti. E, tantomeno, puoi costringerti a stare con chi non ricambi. Non puoi mettere in gabbia il tuo cuore come fosse un uccellino, devi lasciarlo libero di volare e seguire il vento» disse con slancio la madre, stringendo le mani di Dawn nelle proprie e guardandola negli occhi seriamente. La ragazza si sentì a disagio e distolse lo sguardo. Sapeva che sua madre aveva ragione. Ma una cosa era dire le cose, un’altra metterle in pratica. La donna sembrò averle letto la mente:
«Innanzitutto devi capire i tuoi sentimenti. Per riuscirci dovresti trovare più tempo per te stessa».
«Giusto…» concordò Dawn.
«Però non potrai evitare i tuoi quattro simpatici amici. Quindi, approfittane per conoscerli meglio, per quanto sia possibile. In questo modo dovresti anche schiarirti le idee».
«Grazie, mamma» la ringraziò la ragazza, sorridendo un po’ mestamente, ma più serena. Si allungò sopra alla ciotola ancora fumante di riso per abbracciare la madre. Dopo un minuto la donna si alzò per andare a farsi un bagno, mentre Dawn riprese a consumare la sua cena e a guardare la televisione. Sua madre avrebbe dovuto scrivere in un libro tutte le sue “perle di saggezza”: se l’avesse provato a vendere, avrebbe fatto soldi a palate!
Edited by Little Empress - 5/7/2010, 16:15